Se la propria macchina è connessa a una rete locale allora è possibile avviarla tramite TFTP da un'altra macchina. Se si vuole avviare il sistema d'installazione da un'altra macchina è necessario che i file d'avvio siano contenuti in particolari directory di questa macchina e che sia configurata per gestire l'avvio della propria macchina.
È necessario attivare un server TFTP e, per più macchine un server DHCP o un server RARP o un server BOOTP.
Il RARP (Reverse Address Resolution Protocol) è un metodo per comunicare ai client quale indirizzo IP usare. In alternativa è possibile usare il protocollo BOOTP. BOOTP è un protocollo IP che comunica a un computer qual è il proprio indirizzo IP e dove può recuperare dalla rete un'immagine per l'avvio. Il DHCP (Dynamic Host Configuration Protocol) è una estensione più flessibile ma compatibile all'indietro di BOOTP. Alcuni sistemi possono essere configurati solo tramite DHCP.
Il TFTP (Trivial File Transfer Protocol) è usato per fornire l'immagine di avvio al client. Teoricamente si può usare un qualsiasi server, su qualsiasi architettura che implementi questo protocollo. Negli esempi di questa sezione sono presentati i comandi per SunOS 4.x, SunOS 5.x (noti come Solaris) e GNU/Linux.
Per impostare un server RARP è necessario conoscere l'indirizzo Ethernet
(noto anche come indirizzo MAC) dei computer client da installare. Se non
si conoscono queste informazioni è possibile
leggerlo nei primi messaggi durante l'avvio di OpenPROM,
usare il comando .enet-addr
di OpenBoot oppure
avviare in modalità «Ripristino» (p.e. da un dischetto di
ripristino) e usare il comando /sbin/ifconfig eth0
.
Su un server RARP con kernel Linux 2.4 o 2.6, oppure con Solaris/SunOS,
usare il programma rarpd. Assicurarsi che l'indirizzo
Ethernet del client sia elencato nel database «ethers» (nel
file /etc/ethers
o tramite NIS/NIS+) e nel database
«hosts». Poi si deve avviare il demone RARP eseguendo (da
root): /usr/sbin/rarpd -a
per la maggior parte dei
sistemi Linux e SunOS 5 (Solaris 2), /usr/sbin/in.rarpd
-a
per alcuni sistemi Linux oppure /usr/etc/rarpd
-a
per SunOS 4 (Solaris 1).
Per GNU/Linux sono disponibili due server BOOTP. Il primo è
bootpd di CMU, l'altro è un server DHCP:
dhcpd di ISC. Questi server sono rispettivamente
contenuti nei pacchetti Debian GNU/Linux bootp
e
dhcp3-server
.
Per usare bootpd di CMU è necessario togliere i commenti
(o aggiungere) la relativa riga in /etc/inetd.conf
.
Su Debian GNU/Linux è possibile usare update-inetd --enable
bootps
e poi /etc/init.d/inetd reload
per fare questa operazione. Solo nel caso in cui il proprio server BOOTP
non sia Debian, la riga in questione dovrebbe essere simile a questa:
bootps dgram udp wait root /usr/sbin/bootpd bootpd -i -t 120
Adesso è necessario creare il file /etc/bootptab
.
Questo file ha lo stesso formato criptico dei file
printcap
, termcap
e
disktab
di BSD. Vedere la pagina di manuale di
bootptab
per maggiori informazioni. Per
bootpd di CMU è necessario conoscere qual è
l'indirizzo hardware (MAC) del client. Questo è un esempio di
/etc/bootptab
:
client:\ hd=/tftpboot:\ bf=tftpboot.img:\ ip=192.168.1.90:\ sm=255.255.255.0:\ sa=192.168.1.1:\ ha=0123456789AB:
È necessario cambiare almeno l'opzione «ha» che specifica l'indirizzo hardware del client. L'opzione «bf» specifica quale file deve essere recuperato dal client tramite TFTP; si consulti Sezione 4.3.5, «Posizionamento delle immagini TFTP» per ulteriori dettagli.
Al contrario l'impostazione di BOOTP con dhcpd di ISC è
veramente semplice poiché tratta i client BOOTP come un caso moderatamente
speciale dei client DHCP. Alcune architetture richiedono una complessa
configurazione dei client per l'avvio con BOOTP, se si possiede una di
queste leggere la sezione Sezione 4.3.3, «Attivazione di un server DHCP». In caso contrario
per proseguire è sufficiente aggiungere la direttiva allow
bootp
al blocco di configurazione della subnet a cui appartiene
il client e riavviare dhcpd usando
/etc/init.d/dhcpd3-server restart
.
Un server DHCP libero è dhcpd di ISC. In Debian GNU/Linux
si raccomanda il pacchetto dhcp3-server
. Segue
un esempio del file di configurazione per questo server (di solito
/etc/dhcp3/dhcpd.conf
):
option domain-name "example.com"; option domain-name-servers ns1.example.com; option subnet-mask 255.255.255.0; default-lease-time 600; max-lease-time 7200; server-name "servername"; subnet 192.168.1.0 netmask 255.255.255.0 { range 192.168.1.200 192.168.1.253; option routers 192.168.1.1; } host clientname { filename "/tftpboot/tftpboot.img"; server-name "servername"; next-server servername; hardware ethernet 01:23:45:67:89:AB; fixed-address 192.168.1.90; }
In questo esempio c'è una macchina servername
che fa da server DHCP, da server TFTP e da gateway di rete. Sicuramente è
necessario cambiare le opzioni domain-name, il nome del server e anche
l'indirizzo hardware del client. Il valore dell'opzione
filename
deve essere il nome del file che
verrà recuperato tramite TFTP.
Dopo aver modificato il file di configurazione di dhcpd
riavviarlo con /etc/init.d/dhcpd3-server restart
.
Per avere un server TFTP pronto all'uso è necessario assicurarsi che
tftpd sia attivo. Di solito viene attivato da una riga
simile a questa in /etc/inetd.conf
:
tftp dgram udp wait nobody /usr/sbin/tcpd in.tftpd /tftpboot
Solitamente i pacchetti Debian impostano correttamente il server durante l'installazione.
Storicamente i server TFTP hanno usato /tftpboot
come
directory dalla quale servire le immagini. Invece, i pacchetti Debian GNU/Linux
potrebbero usare una directory diversa in modo da essere conformi al
Filesystem Hierarchy Standard. Per esempio
tftpd-hpa
usa /var/lib/tftpboot
;
potrebbe essere necessario modificare gli esempi presenti in questa sezione
in base alla propria configurazione.
Cercare all'interno del file /etc/inetd.conf
la
directory usata come argomento di in.tftpd e prenderne
nota[2], sarà necessaria in seguito.
Se è stato necessario modificare /etc/inetd.conf
si deve
passare la nuova configurazione al processo inetd in
esecuzione, su una macchina Debian eseguire /etc/init.d/inetd
reload
; su macchine diverse si deve scoprire qual è l'ID del
processo inetd ed eseguire kill -HUP
.
pid-di-inetd
Spostare le immagini TFTP di cui si ha bisogno (come descritto in Sezione 4.2.1, «Dove trovare le immagini per l'installazione») nella directory delle immagini di avvio per TFTP. Potrebbe essere necessario fare un link da questa directory al file che tftpd dovrà utilizzare per l'avvio di un particolare client. Sfortunatamente il nome del file è stabilito dal client TFTP e non esiste uno standard.
Alcune architetture SPARC aggiungono il nome della sottoarchitettura al
nome del file, per esempio «SUN4M» o «SUN4C».
Di conseguenza se la sottoarchitettura del proprio sistema è SUN4C e
il suo indirizzo IP è 192.168.1.3, il nome del file dovrebbe essere
C0A80103.SUN4C
. Purtroppo ci sono anche altre
sottoarchitetture che usano file il cui nome è semplicemente
ip-del-client-in-hex
. Un modo semplice per
determinare il codice in esadecimale dell'indirizzo IP è eseguire il
seguente comando nella shell (si suppone che l'IP della macchina sia
10.0.0.4).
$ printf '%.2x%.2x%.2x%.2x\n' 10 0 0 4
Per ottenere il corretto nome del file è necessario cambiare tutte le lettere in maiuscole e, se necessario, aggiungere il nome della sottoarchitettura.
Se tutti i passi sono stati eseguiti correttamente, usando il comando
boot net
da OpenPROM dovrebbe iniziare il caricamento
dell'immagine. Se non è possibile trovare l'immagine, controllare nei log
del server tftp quale nome è stato usato per richiederla.
È anche possibile forzare alcuni sistemi sparc a cercare un particolare file
aggiungendone il nome alla fine del comando boot di OpenPROM, per esempio
boot net my-sparc.image
. Questo file deve essere
nella directory in cui il server TFTP ricerca i file.
[2]
Tutte le versioni di in.tftpd disponibili in Debian
registrano le richieste TFTP sul log di sistema e alcune versioni supportano
l'opzione -v
per aumentare la verbosità. In caso di
problemi d'avvio, si raccomanda di verificare i messaggi nel log poiché sono
un ottimo punto di partenza per la diagnosi della causa degli errori.